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Intervista a Federica Guidi:
«Più sostegno dalla leva fiscale»

di Nicoletta Picchio

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11 giugno 2009
Federica Guidi

Non c'è crescita senza investimenti. E le aziende sono pronte a rimboccarsi le maniche, spingendo sull'innovazione, sulla ricerca. Rafforzando il proprio patrimonio, per essere più forti sui mercati. Ma perché questo possa accadere, con l'intensità necessaria per affrontare una crisi così profonda, per Federica Guidi c'è bisogno che anche il governo scenda in campo. Con una mossa che per le aziende è determinante: ridurre il peso del fisco. «Se vogliamo uscire dalla crisi prima e meglio bisogna rimodulare la pressione fiscale a vantaggio delle imprese. Non è un aiuto o un regalo: il beneficio è per l'intera economia. Ci saranno effetti positivi sull'occupazione e quindi sui consumi». È la proposta che la presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria lancerà domani pomeriggio, aprendo il convegno di Santa Margherita Ligure, intitolato "Dopo! La crisi, l'Italia e come prepararsi per ripartire". Uno sguardo al futuro, che la Guidi immagina in positivo: «Il capitalismo non è finito, le imprese hanno voglia di reagire e di restare sul mercato. E sono convinta che ce la faranno. Ma bisogna favorire questo scatto».

Un taglio alle tasse: ma come si concilia con i conti pubblici?
Le misure che abbiamo in mente e che presenterò nel dettaglio nella relazione abbracciano un arco di tempo che va dal 2010 al 2012, il periodo che dovrebbe essere necessario per far ripartire appieno il paese. Penso ad una rimodulazione fiscale che si possa anche autofinanziare a mano a mano che le aziende riprenderanno a crescere e a fare utili. E che si incrocia con i principi del federalismo fiscale.

Non sarà però a costo zero
Ci sarà un impatto sulla finanza pubblica, ma crediamo possa essere limitato. E comunque, ripeto, non si tratta di un aiuto: non è questo lo spirito delle nostre proposte. È un modo per ridare fiato all'economia, accelerando la ripresa.

Tra le misure ribadirete la detassazione degli utili reinvestiti. Ma il ministro Tremonti ha già detto che se ne potrà parlare quando la situazione economica sarà migliorata. Insisterete?
Certamente. Anche perché è oggi che si devono varare interventi per stimolare la ripresa. Più avanti potrebbe essere troppo tardi. Il governo si deve impegnare per tagliare la spesa improduttiva, fare le riforme. Nel convegno c'è una tavola rotonda dedicata al peso economico delle lentezze amministrative e della burocrazia: sono molte le riforme a costo zero che potrebbero generare risorse da destinare allo sviluppo.

Le imprese denunciano il credit crunch, ma le banche replicano che sono le imprese ad avere frenato gli investimenti. È vero?
Le aziende vogliono continuare ad investire. Indubbiamente ci sono maggiori difficoltà: per esempio, le tasse. Ma poi, certamente, ci sono le difficili condizioni del credito.

C'è l'ostacolo dell'aumento dei costi praticato dagli istituti di credito?
Non bisogna generalizzare, la realtà ha sempre due volti: alcuni istituti di credito, tendenzialmente quelli più piccoli, si stanno comportando meglio, hanno mantenuto il legame con il territorio. Altri invece spesso hanno costi eccessivi e a volte dimostrano quasi diffidenza verso le imprese. Non solo: le aziende denunciano anche una decisa farraginosità nell'erogazione del denaro.

I rischi sono cresciuti...
È vero, c'è una maggiore rischiosità. Ma le banche dovrebbero tornare a fare il proprio mestiere. Non pretendiamo certo che i banchieri facciano i benefattori, ma anche loro devono assumersi il rischio di impresa. Non condivido una lotta di classe imprenditori e banchieri, bisogna lavorare insieme. Ma vanno anche riviste le regole: sarebbe opportuno non cadere nell'iper regolamentazione e neanche però avere norme procicliche come Basilea 2 che dilatano gli effetti della crisi. Irrobustire le aziende, favorire una loro patrimonializzazione sarebbe importante anche per renderle più forti nel rapporto con il sistema bancario.

Fisco, credito: cosa indicherete come ulteriore priorità per il "Dopo"?
Insisteremo sul rilancio delle infrastrutture, i cantieri ancora non sono stati aperti, nonostante il piano annunciato dal governo. E poi va ripreso un ampio programma di liberalizzazioni, a partire dai servizi pubblici locali: vanno resi più efficienti e vanno liberati dal peso della politica, in modo che si possa aprire un mercato per le imprese. Vanno nella direzione giusta le riforme avviate dai ministri Brunetta e Calderoli sull'efficienza della Pubblica amministrazione e l'eliminazione di enti inutili.

Una tavola rotonda del convegno è dedicata al rischio di un neo protezionismo: lo vede alle porte?
Ci sono notevoli spinte, anche se finora le tentazioni sono state imbrigliate. Ma bisogna tenere la guardia alta su questo argomento: senza una ripresa del commercio internazionale e degli investimenti nel mondo, la crisi non la supereremo.

11 giugno 2009
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